giovedì 31 marzo 2011

tiri mancini dei destini semantici

Come da oggetto. Questa è la brevissima storia di una parola -o meglio di un significato- che in francese ha fatto una bruttissima fine. Almeno per l'angolatura di osservazione linguistica propria di un italiano.
COMPAGNO è una parola meravigliosa, che ha un ascendente sociopolitico profondo ed attraente ma che, ancor di più, possiede una culla etimologica che sconfina nella dimensione del poetico. Viene dal latino, la parola: "cum"-"panis"; analisi etimologica finanche scontata, si tratta di una parola composta che va a qualificare una persona con la quale si divide il pane. Quotidianità, familiarità. Basilarità di una relazione, nella misura in cui il pane è l'alimento primo della nostra vita.
Sfortunatamente, in francese il significato di "compagno" è espresso dal fonema CAMERADE. Il fonema COPAIN viene utilizzato, di fatto, solo per i compagni nelle relazioni d'amore, o se volete (essere meno nudi) sentimentali. 

La lingua, con i suoi destini e i suoi percorsi, è proprio un affare affascinante e strano. Non avrei mai pensato di poter dare del "camerata" a qualcuno.
É il caso che vada a dormire.

piccole storie di solidarietà internazionale

Orbene, qui a Parigi devo dire che sto iniziando a cogliere -e con piacere- piccole storie di solidarietà internazionale nei confronti della mia (nostra) sventurata condizione di esseri umani di nazionalità italiana. Non da subito, inizialmente coglievo piuttosto, nei francesi sinistrorsi, una frettolosa equiparazione tra Berlusconi e Sarkozy. Vaglielo a spiegare, il contesto orrorifico che viviamo.
Ieri sera s'era in un bar à rue Oberkampf, bel posticino in cui ho ascoltato un buon concerto jazz molto ritmico e molto strano. In sostanza, il leader del quartetto si fa chiamare rithmystic (mistico del ritmo), e suona le percussioni col il suo proprio corpo [si, immaginate le percussioni di un concerto jazz create mediante tamburellamenti sul petto o sui quadricipiti delle cosce o con le mani]. A onor del vero, c'erano pure delle piccole maracas.
Ma non è questo il punto. il punto è che il gruppo con cui ero, gente simpatica e interessante devo dire, ha dimostrato una certa comprensione della situazione tragica che vive la nostra Italietta. Lo stesso mi è successo stamattina con una collega che mi ha chiesto che si dice della "greve" in Italia [laddove per greve si intende letteralmente sciopero, e in senso esteso manifestazioni di forte protesta e opposizione].
Bene, consola un pò. Giusto il tempo di aprire repubblica.it e guardare lo schifo che succede ormai quotidianamente alla Camera dei Deputati. Che tristezza. Ci vuole una sollevazione, l'aveva detto Monicelli. Poi lui s'è suicidato, ma era malato e aveva 95 anni. Noi non siamo -non tutti- malati (che poi la malattia come concetto...). Di certo non abbiamo 95 anni.
Giovedì prossimo; ma prima di giovedì c'è lunedì, con la prima interrogation écrite en droit administratif des biens. Giovedì prossimo, dico, meteo permettendo, si svilupperà una situazione molto simpatica. Aperò sur le quai de la Seine avec vin rouge francais, pain et fromage. Contenuto dell'aperò, che potrebbe avere risvolti veramente simposiaci, sarà la lettura incrociata di scritti sul tema "monogamia e poligamia" presentati in tre lingue: l'italiano, e a scrivere sarò io; lo spagnolo, e a scrivere sarà Rafael (in un post parlerò di Rafael, magari con foto); il francese, e a scrivere sarà Elenoire (lei sì, scrittrice francese che ha pubblicato). 

E poi, ovviamente, copriamo allungando le parole e le dita il peso delle distanze.

mercoledì 30 marzo 2011

volti parigini: una mattinata a mont martre

Galeotta questa mattinata, oramai non più recente, a Mont Martre. Nel senso che è stata la causa di un raffreddore con tosse grassa che mi porto nei bronchi da dieci giorni. Epperò, devo dire che quella è stata una gran mattinata. Sole preprimaverile, che sulla scalinata del Sacre Coeur riscaldava significativamente e metteva di buon umore. E poi un panorama molto particolare, con tutta Parigi davanti a te, ma avvolta nell'inquinamento, che creava (e crea anche oggi, nonostante il cielo grigio -immagino-) una foschia densa e vischiosa. 
Ad ogni modo, voilà quelque photo scattata quel giorno. Tra esse, anche qualche bel volto parigino. Notare (ed ingrandire all'occorrenza) l'uomo mingherlino col barbone che dipingeva ad un angolo di strada_
Certo, Mont Martre è come viene raccontata, come viene fotografata. Ma questa considerazione non è inedita per questo blog di sopracciglia.


Una via colma di giocatori delle tre carte. Puntata minima cinquanta euro. I compari che facevano il palo erano oltremodo riconoscibili. Eppure l'azzardo crea adrenalina, la quale spesso finisce per combaciare con l'idiozia. E dunque la gente ci giocava.






Volto parigino: il suonatore d'arpa sulla scalinata del Sacre Coeur


Volto parigino: il sosia di Walt Whitman artista di strada a Mont Martre; e d'origini italiane, se ricordo bene.



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Scena "d'insieme" nella piazzetta.
Titoli di coda di questo post.

martedì 29 marzo 2011

calciarchitettura

Qui,una evidente dimostrazione di come sia sbagliato avere un atteggiamento pregiudizialmente chiuso nei confronti del gioco del pallone. Attorno ad esso ruotano attorno moltissime riflessioni e spunti impensabili. Chiedere conferma a due cari filosoficalciatori di Reggio Calabria. Ma ora non ho tempo di dilungarmi, sono in ritardo per cena. Domani, il San Nicola di Bari di Renzo Piano.

senza titolo e senza fine_un breve racconto

Fu un momento. Si trattò di un momento. Il signor K. era alla guida della sua macchinetta, anche oggi attraversava una strada -viveva questa strada- come una lingua che lecca sinuosa la pelle del mondo prima di farci l’amore. Il signor K. veniva da una stagione di ebbrezza. Stava vivendo una grande ebbrezza, che si andava trasformando col trascorrere del tempo. Chiunque abbia familiarità con Dioniso sa infatti che l’ebbrezza non è mai uguale a se stessa: essa si trasforma e muta col passare del tempo, dei minuti dei giorni dei mesi delle stagioni.
K. era felice. Ma quel giorno, si trattò di un momento, socchiuse gli occhi per la prima volta. Rischiò di addormentarsi alla guida all’alba di una primavera che regalava una di quelle giornate in cui il sole è padrone del mondo e delle menti. Il sole dei primi giorni di primavera è il più irresistibile, il più sensuale: esso giunge a sostituire il suo gemello invernale, che puntualmente tradisce le aspettative cariche di attesa degli animali in cerca d’energia; compresi gli esseri umani. Il sole di primavera è il primo in grado di dare tepore ai corpi, agli sguardi, agli entusiasmi.
E fu dunque in un momento che K. ebbe a vivere questo paradosso. L’ebbrezza che recava dentro di sé, l’ebbrezza che leccava la strada, le sue cosce ed i suoi seni, l’ebbrezza che voleva tuffarsi nell’infinito grazie a un trampolino fatto di raggi di sole. Fu quell’ebbrezza a tramutarsi in un momento d’incoscienza, in cui i contorni delle cose si fanno mediocri e polverosi, lo sguardo si appanna e non apprezza, la carne del mondo diventa lontana dal nostro sentire.
K. socchiuse le palpebre, fu un momento. Rischiò di finire fuori strada a velocità sostenuta; si, perchè anche questo si sa, che sulla strada non si possono mettere in scena languide e lente e teatrali e ripetitive passeggiate, sulla strada è necessario penetrare il mondo con gli occhi e col corpo.
Accortosi con l’iride di nuovo enorme, di nuovo girasoli che cercano la propria fonte. Accortosi di tutto, K. si salvò la vita sterzando all’ultimo minuto, poco prima del fossato che puntualmente accompagna ogni strada. Tutte le strade sono incastonate in un fossato perchè tutte le strade sono la realtà. Sono incontro e possibilità, sono viaggio e percorso, sono partenza e lontananza. Tutte le strade per questi caratteri originari possono segnare indifferentemente unioni o separazioni. Le strade convergono, le strade divergono. Corrono parallele o voluttuose si incrociano.
K. accostò per chiedersi chi era. Chi era lui, chi erano insieme lui e la strada. Scese dalla macchina e si mise a sedere sul ciglio della carreggiata, quel punto in cui l’asfalto si confonde con la terra e un ciuffo di foglie d’erba segna l’instabile confine, trincea di una folle lotta tra uomo e natura sul terreno del mondo. K. pensò che il pulviscolo dell’umanità non dovrebbe arrivare a tali rigurgiti di tracotanza. E questo vide, K., anche nei suoi occhi socchiusi di qualche istante prima.
La presunzione inconscia di conoscere tutte le strade fatte e tutte quelle da fare. La presunzione inconscia di sapere tutte le parole dette e tutte quelle ancora da dire. La presunzione inconscia di dare per scontato il sole. Ma la presunzione è una scelta di comodità e codardia. Un girasole appassito tra nuvole grigie è testimone, dare per assodata una continua scoperta di energia equivale a morire presto.
Guardando il sole, K. versò lacrime per la sua condizione. Senza che se ne accorgesse, ai margini della sua ebbrezza era germogliata una grande miseria, fatta di inibizione e di sguardi distratti sul mondo. Stava per morire di questo, incidente mortale che segna l’abbraccio lacerante delle lamiere e che sfigura il corpo dissanguato.
Montando in macchina per riprendere il proprio percorso, K. sentiva dentro di sé un amore profondissimo, che mai era scomparso e che oggi tornava a dare fremiti. Baciare le labbra che si desiderano, è questa la carnosità sublimata del tatto.
Ebbro, stava per ripartire gravido di incognita ed entusiasmo. Era questo il senso del percorso, una precarietà essenziale che come la rugiada inumidisce perfino le strade più battute, quelle che trasmettono idee di familiarità e confidenza e rifugio.
Posto che la vita finisce, ogni esperienza del vitale può finire. Il mondo è vasto, sta a noi la scelta nelle moltitudini, nel fracasso di un crocevia. Scelte definitive non esistono, la scelta è un esercizio quotidiano di libertà.
Questi ed altri pensieri maturava K. ruotando le chiavi per l’accensione del motore. Aveva come l’impressione che le parole che andava raccontandosi in silenzio fossero dei frutti che stavano cantando un saluto alla primavera, dopo un inverno particolarmente rigido che li aveva messi in difficoltà. In effetti, ai bordi della strada, oltre il fossato, gli alberi arrossivano ed iniziavano a tradire con pudore il nuovo parto delle gemme.
Poi, ultimo pensiero cosciente prima di immergersi nella meravigliosità del percorso, K. ricordò con folle certezza: era stata la strada a parlargli quando si stava addormentando. Era impossibile ma era il fatto così come era andato; e d’altronde, non c’erano testimoni ad eccezione del sole e delle foglie d’erba. La strada aveva parlato a K. per tuffarsi nel suo cuore, aveva chiesto a K. di guardare dentro le sue fibre più intime e di cercarsi. La strada avrebbe potuto scegliere di essere di tutti, o quanto meno di essere di altri.
Ma fu un momento. K. riprese il cammino con rinnovata coscienza e con occhi colmi di entusiasmo e inquietudine. E’ questa la contraddizione che ci è dato vivere per germogliare veramente.

lunedì 28 marzo 2011

les printemps de noiatri/reprise avec un'imagine


mi si perdoni la trascuratezza, avevo scordato di inserire un'immagine che possa provare a testimoniare (messianismo degli esserini umani?) cosa significhi il carattere della primavera.

le printemps de noiartri

La primavera è stagione fondamentale. La messa in discussione delle certezze. Il tono pare un pò tardoadolescenziale, ma insomma, il tema è originario.
Le comunicazioni berlinesi, di cui si leggeva all'ultimo post, sono arrivate attraverso altre vie, diverse da quella informatica. Spesso facciamo l'errore di assolutizzare la via informatica, senza pensare a quanto essa sia in realtà individualizzante. facebook, twister (siloso che è twitter, ma poco me ne cale), gli stessi blog. forme di comunicazione molto frontali e autistiche, in cui ognuno di noi può leggersi e rileggersi prima di presentarsi granitico al mondo. o magari non granitico, magari basta presentarsi belli, brillanti, "vincenti". o, ancora e al contrario, presentarsi drammatici, complessi, turbati, inquieti.

"Mi contraddico? Ebbene si, mi contraddico. Io sono vasto, contengo moltitudini". E se questa magia poetica recasse almeno un pò di verità, come potrebbe essere possibile dare per scontata qualsiasi cosa?, a partire dalle relazioni umane più intime in cui ci imbattiamo?
"certo -si potrebbe rispondere- nelle relazioni umane ci si imbatte solo all'inizio, poi le si sceglie". ma anche la scelta, quella scelta che non vuole tradire il suo senso archetipico. anche la scelta è una faccenda quotidiana, da non dare per assodata.

Ho pensato a queste ed altre cose in un passaggio italiano di cinque giorni. E' servito ad inaugurare una primavera de noiartri. Reale e vibrante, espansiva e fragile.
Come potrebbe essere altrimenti?
[per amore di critica, preciso che anche io mi sono riletto in questo post; fino al momento in cui non mi sono accorto che mi stavo rileggendo]

venerdì 18 marzo 2011

...

[attività di comunicazione sospesa in attesa di post berlinesi] [=)]

mercoledì 16 marzo 2011

le petit enfant


stazione di Genova, prima dell'erasmus. questo bimbino ci ha sparato diverse volte, proprio tante. usava con confidenza la sua pistola giocattolo. già da qualche tempo, invece, io ho capito perchè mio padre mi vietava, in sostanza, di giocare con questi arnesi. non che non sia nelle cose che i cuccioli di mammifero giochino alla lotta, è nella biologia evolutiva: ma la lotta si fa con le mani ___ per fortuna, a forza di giocare, il bambino è tornato naturale. qui la pistola si è trasformata in macchina fotografica.

martedì 15 marzo 2011

volti parigini/4



In alto a sinistra, si intravede un noto avventore della cattedrale di Notre Dame. Si tratta di Giorgio il Gargoyle. Un altro volto parigino. 
[Nota a margine: la chiesa (fuori, dentro devo ancora passarci) è veramente sontuosa; però se si è visto -e certamente si è visto- il lungometraggio animato del Gobbo -e non mi riferisco a Il Divo!-; ecco, se lo si è visto si immagina una chiesa molto più grande]

venerdì 11 marzo 2011

volti parigini/3


questo signore innominato è con ogni evidenza nominabile "Le Barron Rouge". come dal nome della vineria/degusteria di cui è allo stesso tempo gestore e avventore. dev'essere una specie di porto di riposo per anarchici, questo posto rosso nel dodicesimo arrondissement. i clienti abituali profumano tutti di libertarismo.
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nel mentre che vado scrivendo queste velleità. il Giappone è spaventosamente imploso. 

giovedì 10 marzo 2011

volti parigini/2






Giancarlò, un quarantenne trapanese perfettamente francofono che vive un presente molto contraddittorio, tra ostello e aspirazioni bohemien. Una persona d'umanità genuina e indifesa. Un altro volto parigino affezionato al vino.

mercoledì 9 marzo 2011

volti parigini

questa una piccola idea, che non so se avrà la costanza per andare avanti. ma che per ora mi fa piacere condividere. si tratta di fotografare qualche viso incontrato sui marciapiedi, nei locali, magari anche nella facoltà snobbetta che frequento. il punto però è trovare delle forme di umanità sincera, in questi visi. questo, ad esempio, è andy warhol con una sua diva: li ho incontrati l'altra sera in metro=)


dissertando

il gioco si fa un poco più duro, come è giusto che sia. Per lunedì prossimo c'è obbligo di consegna di una dissertation sul tema "domaine public et service public". Mica cazzi insomma. La dissertation, per inciso, è la pietra angolare del sistema didattico del diritto in Francia. Chiaramente, io non ho mai fatto alcuna dissertation, la quale ha peraltro una struttura formale molto rigida. Sono un pò noiosi, in questo ambito, questi francesi: il diritto è già di per sè un trionfo dell'applicazione logica; non si sentiva il bisogno di inseriri duri formalismi anche nella redazione di testi scritti=)

Ad ogni modo, dopo una certa assenz-ia dalla scrittura bloggeuse devo confessare che la situazione inizia a girare in modo divertente. Mi sono stabilito e quasi del tutto sistemato nello studiò. Inizio a girare per Parigi con discreta cognizione di causa. Conosco jazzisti a sorpresa (cercare su google di federicocasagrande, dicono sia gnocco e creativo ma non ho modo di riscontrare).
E soprattutto l'Orsay. ci sono stato domenica, ed è come andare a carrambachessorpresa. volendola mettere sul piano pedestre delle similitudini, davvero il musée d'orsay è come una enorme rimpatriata, in cui sono tutti invitati e tu ti ci trovi intrufolato per caso. Ci sono proprio tutti, ognuno ha portato da bere o da mangiare, o magari la tavolozza per dipingere en plein air.
l'orsay è una gigantesca alluvione artistica che va dritta all'anima. meraviglioso. e questi lavori di georges lacombe, che in quel delirio ex-ferroviario passano quasi inosservati (inosservati?!), sono una piccola conchiglia che ho trovato mentre quest'alluvione si stava lentamente ritirando dalla mia testa. voilà, insomma.